La crisi della rappresentazione nella sua dimensione oggettiva, testimoniata dalle opere di Ottogalli, investe soprattutto il piano formale: vissuto ed esistente campeggiando in emersi frammenti, ultimi e primi embrioni del reale precario, intenso nella sua globalità, che resta l'unico referente possibile e voluto.
Nulla però rimane irrisolto, né, tanto meno, Ottogalli cede alla facile soluzione di un compiaciuto disordine: salvando solo segno e colore riduce il mezzo artistico a una essenzialità che si impone perentoriamente a riassumere con caparbietà, ansia, rabbia, altrove con perplesso timore, la percezione di situazioni razionali e irrazionali insieme, comunque definite.
Si comprende di qui come il contatto con l'esterno rimanga talora indifferenziato e negato, altre volte paia quasi irrompere con violenza nello spazio delimitato del quadro: e allora, espresso nella riduzione del codice artistico, è possibile sottoporlo a una sorta di obbedienza o almeno restituirgli una voce, questa volta meno ostile, più lineare e perciò semanticamente più ricca.
La composizione, lungi dal restare depauperata o accantonata viene garantita nella sua forte stabilità dei segni e dagli accostamenti cromatici, ancora una volta emblematici simboli di quell'equilibrio che, impossibile nell'esistenza, è continuamente agognato e spesso raggiunto nell'arte.
Maria Cecilia Bassani